Ormai dobbiamo abituarci: ci sono fake news e fake news: ci sono le “bufale cattive”, quelle che disinformano, che “fuorviano” l’opinione pubblica (dal pensiero omologato dominante) , e “bufale buone”, quelle che non si devono chiamare bufale, quelle notizie false che non sono proprio false false… mi spiego: non sono le notizie a non esser vere, è la realtà che si ostina a non volersi adeguare all’ideologia.
E così, se parlano le femministe, tutto quel che dicono va preso come oro colato.
Poi però si scopre che è tutta una bufala…
La Big Pharma, per esempio ha diffuso delle notizie false. Già nel 2015 scrivevamo criticamente del “Viagra rosa” e del suo scarso successo.
Una piccola azienda, la Sprout Pharmaceuticals, era stata venduta alla Valeant per un miliardo di dollari: il prodotto principale della Sprout era Addyi (flibanserina), un farmaco approvato dalla FDA per aumentare la bassa libido femminile: una sorta di viagra per donne, appunto.
Dice BioEdge che la Valeant in realtà ha speso tanto perché la Sprout aveva gestito una campagna altamente professionale di lobbying per fare pressione sulla FDA affinché approvasse un farmaco che ha dimostrato di essere molto costoso, molto scomodo, molto pericoloso e inefficace. Tant’è vero che Addyi è stato un fallimento commerciale.
Ma, secondo PharmedOut , un progetto della Georgetown University Medical Center la cosa grave che la vicenda ha dimostrato è che la FDA può essere indotta ad approvare un farmaco, anche se cattivo, grazie a pubbliche relazioni guidate in modo intelligente, soprattutto se condite di ideologia che fa perdere di vista il sano senso della realtà.
E ci vengono subito in mente le varie pillole anticoncezionali e abortive; gli ormoni per bloccare la pubertà…
La Sprout aveva assunto un’agenzia specializzata, la Blu Engine per fare pressione sulla FDA. Ha addirittura inventato una patologia, il “disturbo da desiderio sessuale ipoattivo “, e ha montato un falso movimento femminista che per la “parità di genere”, chiedeva anche per le donne una sorta di Viagra. Sono stati ingaggiati lobbisti come l’ex direttore dell’Ufficio della FDA che si occupava di salute femminile, e ha reclutato (pagato) decine di gruppi di consumatori che testimoniassero a favore di Addyi.
Subito dopo l’approvazione della FDA il sito web del movimento femminista che chiedeva il “Viagra rosa” è scomparso.
Magari la prossima volta sarà il caso che le decisioni che davvero incidono sulla salute pubblica vengano prese in modo oggettivo e non ideologico: per la “parità di genere” si accetta tutto, si approva tutto e anche le bufale diventano “buone”.
I media sono corresponsabili del danno che Addyi ha arrecato alla salute pubblica, perché quando parlano gruppi femministi (anche quando sono “finti”) si mettono sull’attenti e fanno da grancassa, a prescindere da quella che è la sana realtà.
Dal viagra agli anoressizzanti, dagli anabolizzanti agli integratori alimentari. Sono già 6mila le farmacie illegali chiuse sul web nei primi mesi del 2017 e oltre 20mila quelle bloccate nel 2016. La fotografia sul fenomeno della vendita online di farmaci falsi è stata scattata ieri, a Roma, da Federfarma Servizi, in collaborazione con la Società Italiana di Urologia (Siu).
Un fenomeno in cui sono soprattutto gli uomini italiani a navigare senza bussola. Perchètra tutti i prodotti, i più venduti – quasi 7 su 10 – sono “pillole dell’amore”. Ovvero, farmaci contro la disfunzione erettile. Cui seguono anabolizzanti e farmaci anticancro (sempre per tumori tipici di patologie maschili).
«È soprattutto una questione culturale – osserva Vincenzo Mirone, segretario Siu – che nasce, in parte, dagli imbarazzi dei pazienti nel parlare al medico delle difficoltà e di eventuali disturbi e sintomi legati alla sfera dell’andrologia e della sessuologia. Poi ci sono certamente i costi minori di questi prodotti. Infatti, appena 1 su 10 contiene il principio attivo in dose adeguata, alcuni ne hanno il doppio e il 25% non ne contiene affatto. E i rischi sono enormi».
I prodotti acquistati sul web, aggiunge Mirone, «possono contenere tracce di altri principi attivi che mettono a repentaglio la salute, come gli ipoglicemizzanti. Inoltre nell’8,5% si trovano impurità pericolose, dall’arsenico al veleno per topi, dall’acido borico alle polveri di cemento». Infine, c’è il rischio che i primi segnali di una patologia cardiovascolare o tumorale curata con farmaci inadeguati, se non dannosi, in completo “fai da te”, possa peggiorare le condizioni. «Questi siti – spiega Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi – si moltiplicano, sfuggono ai controlli e si nascondono fra le maglie della rete. Inoltre, l’uso dei social come canale di promozione sta aumentando soprattutto per la diffusione illegale di farmaci innovativi ad alto costo».
Nel 2016, nell’operazione “Pangea” IX sono state sequestrate, in 103 Paesi, 12 milioni di unità di farmaci illegali o contraffatte, di cui circa 80mila in Italia.
L’indagine Aifa-Università La Sapienza
Ma ieri a Roma è stata anche presentata un’indagine condotta dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e l’Università “La Sapienza” di Roma su un campione di mille internauti, dalla quale emerge che oltre il 41% degli intervistati valuta positivamente l’acquisto di farmaci online. Inoltre, il 43,4% ritiene il web
una fonte molto sicura cui rivolgersi per comprare medicinali. E questo a prescindere dal fatto che sul sito web vi sia o meno il “bollino di qualità” del ministero della Salute, creato per identificare la farmacie autorizzate alla vendita di medicinali online, ma ancora poco conosciuto.
«È impossibile – sottolinea Domenico Di Giorgio, direttore Ufficio Qualità Prodotti dell’Aifa – certificare la qualità dei farmaci venduti da siti web non autorizzati, poiché non è possibile stabilire da dove provengano, come siano stati fabbricati e cosa contengano. Le analisi su alcuni farmaci sequestrati hanno rilevato, ad esempio, la presenza di gesso e vernice stradale».
Il sistema «Fakeshare»
Di qui il progetto di Federfarma Servizi e Siu “Pillole Fakeshare”, che si inserisce nella campagna europea Fakeshare per il contrasto della vendita illegale di farmaci. Online dal 2015 l’interfaccia pubblica di “Fakeshare” è la piattaforma web coordinata dall’Aifa e cofinanziata dalla Commissione Europea (con oltre 350mila euro) per contrastare il commercio illegale di farmaci su Internet.
L’intento è stato quello di coordinare e ottimizzare, attraverso i sistemi di information technology, le iniziative di contrasto portate avanti dai singoli Paesi, arrivando a una gestione condivisa degli interventi di monitoraggio sulle farmacie web, per fare da supporto alle forze di polizia nelle attività di blocco e oscuramento dei siti illeciti.
Il progetto Fakeshare ha permesso di creare un repertorio di best practices a disposizione di tutti i soggetti che si dedicano alle attività di intelligence e contrasto della contraffazione nei diversi Paesi europei.
I farmaci contraffatti – provenienti prevalentemente da Giappone, Cina, India, Messico e Taiwan – rappresentano, a livello mondiale, circa il 10% del totale prodotto e riguardano sia i generici che quelli di marca.
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